Continua il viaggio di PerformIA Culture alla scoperta del rapporto tra arte e tecnologia. La rubrica nasce all’interno del laboratorio creativo di PerformIA Festival, e in questo quarto appuntamento parleremo degli artisti che negli ultimi anni hanno deciso di sperimentare con l’Intelligenza Artificiale. In questa tappa conosceremo: il collettivo Obvious, Mario Klingermann, Anna Ridler e Refik Andol, tutti grandi sperimentatori che hanno aperto un nuovo sentiero nella produzione artistica.

Nel 2018 per la prima volta il grande pubblico sente parlare di arte generata da Intelligenza Artificiale, quando presso la prestigiosa casa d’aste Christie’s viene venduta ad una cifra elevatissima quella che poi sarà consideratala prima opera di artistica generata da AI: il famoso Ritratto di Edmond de Belamy, parte di una serie di ritratti ideata dal collettivo francese Obvious. Il ritratto porta come firma l’algoritmo che lo ha generato ed è stato realizzato da una GAN (Generative Adversarial Networks), addestrata e alimentata da un set di dati composto da 15.000 ritratti dipinti tra XV e XX secolo. A prima vista l’opera sembra inserirsi all’interno del filone della ritrattistica tradizionale, con il soggetto in posa, posizionato di tre quarti, in camicia bianca e abito scuro, ma a uno sguardo più approfondito si notano i contorni della figura poco definiti e i tratti del volto delineati sommariamente e sfumati, in cui i lineamenti si perdono in una sorta di rappresentazione onirica del gentiluomo immaginario.
Da questo momento in poi, com’era prevedibile, si sono aperte importanti discussioni e accesi dibattiti nel mondo dell’arte sull’importanza del fattore umano combinata alla macchina all’interno del processo di creazione artistica e sulla paternità delle opere realizzate da AI, su chi possa effettivamente definirsi l’artista, se l’uomo o l’Intelligenza Artificiale.
L’anno successivo, nel 2019, un’altra importantissima casa d’aste Sotheby’s batte l’opera Memories of Passersby di Mario Klingemann, creata da un sistema complesso di reti neurali addestrato a generare un flusso infinito di ritratti inediti e irripetibili. L’istallazione si compone da una consolle in legno, realizzata a mano, al cui interno si trova il cervello dell’intelligenza artificiale che crea in continuazione e in tempo reale, volti maschili e femminili sempre nuovi e in costante mutazione, riprodotti sui due schermi collegati.
Gli output che vediamo passare sui due schermi dell’opera, infatti, non sono combinazioni di immagini esistenti, ma immagini uniche generate dalla AI sul momento, grazie a uno specifico addestramento. Klingemann non solo sperimenta con più coraggio le applicazioni della GAN in campo artistico, ma utilizza per l’addestramento della AI un database molto più ampio e variegato, introducendo così una significativa imprevedibilità nel processo generativo.
Il biennio 2018-2019 rappresenta quindi un momento fondamentale per l’ingresso delle opere d’arte create con AI non solo nel mercato dell’arte ma anche nell’immaginario del grande pubblico che si apre ad una dimensione estetica completamente nuova, si lascia affascinare da scenari inediti e accattivanti.
Un’altra artista che esplora le nuove tecnologie come fonte di ispirazione e strumento per la genesi delle proprie opere è Anna Ridler. Il suo è un approccio leggermente diverso in quanto realizza personalmente i data set per addestrare le GAN che costituiranno il punto di partenza per la realizzazione delle sue creazioni. Nella costruzione di una delle sue opere ade esempio Fall of the house of Usher, film breve di animazione ispirato ad una produzione cinematografica del 1928 a sua volta ispirata al racconto di Edgar Allan Poe, fa una ricerca estetica minuziosa realizzando 200 dipinti attraverso cui la macchina viene addestrata imparando a generare immagini che portino in sé l’essenza e lo stile dell’artista all’interno di una nuova dimensione narrativa. Anna Ridler, addestra quindi la AI con le sue stesse opere e gli output generati avranno sempre una fortissima connessione con l’artista e non solo, i training set diventeranno a loro volta, una vera e propria opera d’arte nell’opera d’arte.
Concludiamo la nostra prima carrellata di artisti con Refik Andol, considerato pioniere nell’estetica dell’arte generata da AI, definito anche l’artista dell’umanesimo digitale, che parte come presupposto da una ricerca interdisciplinare sulla relazione tra mente umana, architettura ed estetica. Con le sue straordinarie performance e istallazioni invita il pubblico a immergersi e a immaginare incredibili realtà alternative in spazi contemporaneamente fisici e virtuali. Può essere definito un architetto di percezioni, pone lo spettatore dentro l’opera per fargli sentire l’invisibile da tutte le dimensioni possibili. Per fare questo usa i dati disponibili intorno a noi come materia prima e li fornisce a complessi sistemi di reti neurali a cui le AI attribuiscono anche volumi, colori e suoni in una complessa elaborazione, in cui memoria collettiva, storia, arte e scienza si combinano alla tecnologia dando vita a nuove esperienze di tempo e spazio in cui AI ed essere umano convivono in equilibrio. Anadol usa i big data come pigmento e dipinge con la AI che definisce il proprio pennello pensante creando imponenti, stupefacenti, alternative dimensioni. La sua arte digitale, fatta di colori luci e suoni, indaga i confini dello spazio e della veglia ricreando una collisione tra mondo virtuale e mondo fisico.